Durante un’intervista avevo detto che c’era un sogno, in particolare, che Samantha faceva e che era contenuto in Privilegio Relativo.
Vi va di leggere questi quattro sogni e indovinare quale dei quattro è il mio? 😉
Sono certa che lo scoprirete! E se indovinate? beh, potrebbe esserci una sorpresa…
E’ in quel modo che raggiungo il posto incantato, dai colori sgargianti, nel quale sono intrappolata, o forse dove mi sono salvata grazie all’aiuto di Aidha.
La luce che filtra attraverso i rami degli alberi è abbagliante e potente ma carica di energia positiva. Gli animali di quel fitto bosco corrono qua e là. Ci sono libellule coloratissime, alcune con la coda blu e le ali rosa, altre con la coda viola e le ali gialle; lepri velocissime e dagli occhi dolci; scoiattoli curiosi che si arrampicano sui rami di quei bellissimi e altissimi alberi e che restano fermi a guardarmi, incuriositi dalla mia presenza; farfalle variopinte, grandissime, cerbiatti che mi scrutano mentre si cibano, nascosti dietro a dei piccoli cespugli prima della grande cascata e c’è sempre lui, il mio fantastico e splendente unicorno che mi osserva e che sembra in adorazione.
Mi arrampico di nuovo su per la radura e cerco di raggiungerlo, ma come sempre lui sembra allontanarsi.
<<Non ti arrendere>>, m’incita la vocina della Presenza.
<<Ancora tu?>>.
<<Ci sarò sempre>>.
<<Perché non riesco a raggiungerlo?>>.
<<Perché spesso la strada per la felicità è lunga e contorta, ma non impossibile>>.
<<Aiutami>> la supplico.
<<Non ne hai bisogno. Ce la farai>>.
<<Fatti vedere!>>. La invito a uscire allo scoperto.
<<Non mi sto nascondendo. Sei tu che non mi vedi>>.
<<Chi sei?>>.
<<Possibile che tu ancora non lo sappia?>> mi chiede l’unicorno che parla mentre una luce paradisiaca lo investe e lo trasforma nel mio principe.
<<Come posso saperlo? Io non la vedo!>>.
<<Non devi vedere con gli occhi, ma con il cuore>>.
Mi volto, ma non vedo nulla, c’è solo la stanza dipinta sul muro dalla quale sono fuggita e nient’altro. Allora mi rigiro di nuovo e ogni cosa sembra essere svanita.
Resto di nuovo sola, con la paura e la solitudine. Così corro. Corro verso la stanza dipinta, ma non riesco a oltrepassare quel muro gommoso. Torno indietro e lo chiamo. Non può sparire sempre così.
<<Jaide! Jaide! Jaide!>> urlo a gran voce in preda alla disperazione.
Questo è il primo… ora vi lascio il secondo.
E’ buio, fa freddo, sento una strana presenza accanto, tiene il mio passo, ma non riesco a vederla. A un certo punto intravedo una luce in mezzo alle sterpaglie e ai rovi che stiamo attraversando e che mi graffiano le gambe.
<<E’ la che andremo?>> chiede una flebile vocina.
<<Chi sei? Tu mi vedi?>> le chiedo con terrore. Chi è? La sua voce è così… così piccola e dolce.
<<Come potrei non vederti? Sei solo tu che non mi vedi, ma io ti osservo benissimo>>.
<<Chi sei?>>.
<<Come puoi non saperlo?>>.
<<Io…>>, ma la vocina m’interrompe.
<<Guarda!>> grida, la sua voce leggermente più alta, sorridente e soave come quella di un angelo.
Ed io alzo lo sguardo davanti a me e laddove fino a pochi istanti prima c’era la luce, ora lo vedo. E’ lui, il mio Jaide, sorridente. Solo che non guarda me, osserva qualcosa accanto a me, qualcosa di cui io sento solo il suono, ma non ne vedo le fattezze.
<<Chi è?>> chiedo anche a lui.
<<E’ un miracolo>> sussurra.
La sua voce ha ancora il potente potere di ubriacarmi e di rendermi vulnerabile. E’ bastato udire la sua voce per vederlo scomparire come nebbia che si dissolve al vento.
Lo cerco, tento di trovare la creatura al mio fianco, ma di loro non c’è traccia. Corro, inciampo, cado, il buio ha abbracciato ogni sterpaglia e ogni rovo, rendendomi cieca.
<<Dove siete?>> urlo nel freddo della notte. <<Jaide! Per favore torna! Jaide!>> urlo piangendo, mentre il panico prende il sopravvento sul mio corpo.
Ora vi lascio il terzo sogno…
Apro gli occhi ma pungono, il pulviscolo e il fumo che vi entrano li fanno lacrimare e bruciare, rendendo difficoltosa la mia vista. La foresta e il bosco che conoscevo si stanno lentamente riducendo in cenere attraverso una spirale di fiamme che salgono verso l’alto, cercando di allungarsi e di spandersi sempre più su mentre la loro danza, ritmica e sempre più vigorosa, le fa ballare, a tratti traballare, conferendogli indecisione e insicurezza.
Il cielo è oscurato dal fumo che si eleva, gli alberi, imponenti, che chiedono pietà da tutto quell’ardore, sono neri, scuri, spettrali, mentre il fuoco che li avvolge illumina un sentiero attraverso le sue fiamme.
Ho paura, sono terrorizzata, l’odore acre mi soffoca, tossisco, ma non riesco comunque a respirare bene, cerco di farmi largo tra le fiamme per cercare aria fresca, ma loro sono sempre più alte e mi bloccano, intrappolandomi in una specie di cerchio del fuoco.
<<Non aver paura. Non cedere alla facile tentazione della resa>> si materializza Esther, avvolta in una nuvola che emana frescura e tranquillità.
<<Come posso non aver paura?>> le chiedo con terrore verso quel rogo che non accenna a diminuire ma prende sempre più foga.
<<E’ l’ardore della salvezza>>.
<<E’ perché ho peccato? Lo sapevo che sarei finita all’inferno!>> piagnucolo, portandomi le mani al viso a inginocchiandomi.
<<Tu non hai peccato. Il peccato vive solo negli animi impuri e malvagi, non nei gesti umani di due ragazzi>>. Mi solleva con una mano fresca e amorevole.
<<Allora perché brucio?>>.
<<Tu non stai bruciando, sei protetta tra le fiamme della passione. Non ti arrendere e segui il cerchio>>. La sento soffiare e il fumo si dissolve quel poco che basta per lasciarmi intravedere un orizzonte ben diverso da quello che avevo di fronte fino a pochi attimi prima.
<<Lo vedi?>> mi chiede sorridendo, indicandomi uno splendido lago scuro sulla cui superficie si specchia perfettamente la luna con le sue stelle luminose.
Annuisco, estasiata da quella visione e sempre più smaniosa di raggiungerla.
<<E’ là che dovrai andare per cercare la verità>> mi risponde, prima di dissolversi come il fumo che ha soffiato sulle fiamme che tornano lentamente a circondarmi.
Ed eccoci all’ultimo sogno…
Sono chiusa in una stanza fredda, è la prima volta che la vedo, ma non so come, la riconosco. Alle pareti ci sono degli affreschi di paesaggi e una greca con dei pesci. Dominano la senape e l’antracite.
Non so perché ma sono agitata, mi sento in trappola e ho paura. Accanto a me c’è una Presenza che non riesco a vedere ma che percepisco e di cui riesco a udirne la voce. E non è la solita presenza infantile.
Sono disperata, raggomitolata in un angolo, indosso degli abiti tipici occidentali ottocenteschi, con balze e sottogonne.
A un certo punto la porta di quella che pare sia la mia stanza si apre ed entra un uomo dai capelli lunghi fino alle spalle, scuri, barba e pizzetto. Indossa anche lui abiti caratteristici dell’epoca e sembra molto arrabbiato.
Si avvicina e mi strattona un braccio, cercando di picchiarmi, urlandomi qualcosa che non capisco, ma qualcuno al mio fianco interviene, bloccandolo.
<<Tocca con una mano le pareti e fuggi!>> m’incita quel qualcuno. La guardo e cerco di mettere a fuoco il suo viso nascosto dentro ad un cappellino bianco. E’ Aidha. E mi sta salvando. Perché lo fa?
<<Come posso?>> le chiedo, ancora incredula per ciò che ho appena udito e visto.
<<Guarda, così>>. Tocca con la sua mano, a me invisibile, la greca con i pesci.
Quello che vedo mi fa sentire le farfalle allo stomaco per qualche istante. E’ come se mi si aprisse un mondo sconosciuto, un paradiso incantato, è come se entrassi in un’altra dimensione. I pesci prendono improvvisamente vita, diventando rossi, grigi, verdi, gialli, l’acqua comincia a scorrere sul muro a una velocità impressionante, come se volesse trascinare la stanza dietro la sua corrente, e il suo colore è di un azzurro intenso, tant’è vivo. Riesco a vedere perfino i sassolini adagiati sul letto del presunto fiume, dove sguazzano i pesciolini sgargianti.
<<Avanti, tocca le pareti!>> continua a strillare. Ed io non me lo faccio ripetere due volte. Sfioro con le dita della mano destra la parete che ho di fronte, che rappresenta uno squarcio di bosco soleggiato ed entro in un altro mondo. Mi ritrovo immersa nella natura più incontaminata e colorata e viva che si sia mai vista. Ci sono uccellini dalle piume dai mille colori che cinguettano sui rami degli imponenti e verdi alberi. Le foglie sono talmente nitide che ne vedo le nervature e l’erba è così fresca che ne percepisco la rugiada sui piedi e l’odore di bagnato. In fondo a quello spiazzo s’intravede una piccola cascata d’acqua limpida, ne odo benissimo perfino il rumore e sopra una radura alla mia destra c’è un bellissimo unicorno bianco. I suoi occhioni dolci mi sorridono ed io mi sento finalmente libera, senza paura e senza angosce.
Quando cerco di arrampicarmi per andare verso di lui, il bellissimo unicorno compie una rapida trasformazione e quando mi avvicino al suo posto, ormai, c’è Lui, il mio principe, che mi sorride e mi tende una mano.
<<Jaide, sei tu>> mormoro, meravigliata nel vederlo. Invece di avvicinarsi, però, la sua immagine si allontana ed io continuo a inseguirlo.
Ora sbizzarritevi… ricordate che è un sogno che ho fatto e da cui è nata l’intera trilogia… 😉
Un abbraccio immenso.
la vostra Viviana A.K.S. ❤